A cura di Paola Vitali, ostetrica
L’espressione alimentazione complementare a richiesta sta pian piano sostituendo il vecchio termine svezzamento. Perché un nuovo termine per descrivere quello che è un concetto ben assodato? Alla base dell’idea di svezzamento c’è il significato della parola, che deriva da “vezzo” e vuole dire “levare il vizio”, ovvero togliere al bambino il vizio di succhiare il latte. La parola svezzamento rimanda all’idea di togliere il latte al bambino per sostituirlo con un’alimentazione solida.
Alimentazione complementare a richiesta (detta anche autosvezzamento), invece, ci ricorda che gli esseri umani sono mammiferi e che è nella loro natura nutrirsi di latte, materno o artificiale che sia, fino a quando serve. Gli altri alimenti vengono introdotti in un momento successivo, come complemento al latte. Il principio è che il latte non vada eliminato alla prima occasione utile, ma che rimanga alla base dell’alimentazione per i primi dodici mesi dalla nascita, per poi diventare sempre meno prevalente nel secondo anno di vita. Questa idea viene promossa e sostenuta dalle organizzazioni internazionali, prima fra tutte l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Anche il Ministero della Salute italiano ne è ambasciatore, rifacendosi alle linee guida per l’alimentazione da 0 a 3 anni della Commissione Europea dove si legge:
Il latte […] deve rimanere la fonte primaria di nutrienti per tutto il primo anno di vita. Durante il secondo anno, saranno gli alimenti familiari a diventare, gradualmente, la prima fonte di nutrienti.
Lo svezzamento classico è ancora sostenuto da numerosi pediatri italiani, che insistono a voler introdurre i cibi solidi alla prima occasione: chi a quattro, chi a sei mesi, prescrivono di eliminare le poppate secondo un calendario prestabilito in modo arbitrario.
Per chi si avvicina all’alimentazione complementare a richiesta è difficile accettare che il bambino sappia autoregolarsi, che potendo decidere, mangerebbe quando si sente pronto e secondo le sue necessità. Nutrirsi è istintivo, è come parlare e camminare, prima o poi tutti i bambini iniziano a farlo. Lasciarsi guidare dal proprio bambino non equivale a liberarsi dal ruolo di genitore-guida a favore della sregolatezza, ma significa riconoscere la competenza innata dei bambini.
L’autosvezzamento è per tutti! Per i bambini e per i genitori. Per i bambini è facile: se lasciati al loro istinto, passeranno da una dieta di solo latte al cibo della famiglia in modo naturale. I bambini non sono ancora influenzati dai retaggi culturali, e se per molti genitori è importante che usino le posate il prima possibile, al bambino non interessa: potrebbe voler usare le mani o farsi aiutare dai genitori. L’ordine delle portate per i piccoli non conta. C’è chi inizia con un assaggio di frutta, per passare al primo e poi finire con il secondo. I bambini seguono il proprio gusto e sperimentano, senza regole. Pian piano, osservando e imitando, cominceranno a comportarsi secondo le abitudini della propria famiglia.
L’autosvezzamento è un’esperienza che lascia molta libertà. Il bambino predilige pezzi grossi? Ottimo. Gli piacciono minestre e vellutate? Perfetto. Vuole fare da solo? Meraviglioso. Vuole qualcuno che lo imbocchi? Fantastico. Non c’è un modo giusto o sbagliato. C’è solo un bambino, i suoi bisogni di quel momento e la scelta dei genitori di soddisfarli fidandosi del suo istinto.
Fonti:
https://www.autosvezzamento.it/
https://www.greenme.it/vivere/speciale-bambini/17208-autosvezzamento-come-fare-consigli
https://www.autosvezzamento.it/as-in-pratica/con-cosa-cominciare/